Don Fracesco Caravaglia - UNREGISTERED VERSION

Vai ai contenuti

Menu principale:

PADRESQUADRA - CAMPIONE D'ITALIA

PADRESQUADRA

“OMAGGIO A PADRE SQUADRA,  CAMPIONE D’ITALIA”


Nessun meglio ritratto può essere descritto da quello dipinto nel lontano 1979 sull’Eco di Ravanusa.

L’autore colse in pieno, già allora, e senza incertezza alcuna, la grandezza di Don Francesco Caravaglia, poiché, come ebbe modo di scrivere, la sua leggenda, che da tempo ha varcato i confini di Ravanusa, continua, perché è vera, perché è vita, perché è libertà, perché è progresso, perché è umanità, perché è anche amore, perché è anche la verità che invano qualcuno vuole ancora fuggire.

Fino in fondo desiderata e voluta da Don Francesco, dall’allenatore Carlo Baio, dall’On.le Salvatore Lauricella, dal gruppo dirigente (Rizzo, Sciascia, Carmina, Farruggio, Di Gangi, Ventura) sotto quella Coppa Italia, Ravanusa per la prima volta nella sua storia “Campione d’Italia”, fu insieme unità e coesa, senza divisione di alcuna sorta.

Ed è per questo che l’album dei ricordi di quella meravigliosa avventura calcistica custodito da Don Francesco viene messo a disposizione di tutta Ravanusa, affinché attraverso essa non si dimentichi quello slancio di valori, di passioni e di umanità che la città di Ravanusa attraverso quella coppa seppe vivere insieme a tutti i suoi tifosi, al quale Don Francesco, piangendo di gioia a Camaiore, dette un indiscutibile impulso contribuendo a scrivere insieme ai suoi “mille” tifosi un pezzo della storia di Ravanusa.

****************************

“Don Francesco Caravaglia, anche sé è uno dei pochi preti che conserva il vestire tradizionale dei sacerdoti, è uno degli uomini più moderni e coscienti dello umano vivere della nostra cittadina.

Vederlo in piazza vicino a molti giovani è cosa normalissima che dà subito la impronta delle dimensioni profonde del suo carattere.

È l’amico di chi vuole vivere e di chi sa vivere.

Scarta, però, i contestatori e i prepotenti, perché sogna un mondo corretto e leale, perciò è facile vederlo scontrare con qualche carattere ribelle.

Ma è in queste circostanze che la sua personalità viene fuori tutta.

Man mano che la discussione si accende il suo volto si fa paonazzo per trasformarsi via via in una brace mentre gli occhi sfondano i vetri degli occhiali e saettano lampi di furore in tutte le direzioni.

Poi dopo un piccolo segno di Croce, l’ira si placa e torna il sereno sul viso con grande semplicità e senza nessuna ombra di rancore.

Il dire pane al pane e vino al vino è la sua arma migliore ed è forse per questo che da Noi è molto apprezzato.

Purtroppo, il suo amore per lo sport, per lo spettacolo gli ha procurato qualche grattacapo e spesso si è ritrovato sulle cronache dei giornali nazionali, ora per questa ora per quella avventura.

Al vescovato di Agrigento questo prete popolare ed impulsivo ha dato serie noiette, ma anche molte soddisfazioni.

Bisogna riconoscere che se la vocazione del sacerdozio non muore del tutto lo si deve alla azione dei preti come il nostro Padresquadra.

Sono questi uomini nuovi della Chiesa: leali, sportivi, amanti della vita, che legano ancora un sottile discorso tra la Chiesa e gli ultimi rami di una gioventù sparita, rapita da un mondo che morde tutto.

Sulla faccia ossuta di Don Ciccio questa continua ribellione agli schemi tradizionali, voluti da un galateo ecclesiastico vecchio e logoro, è scolpita con segni profondi, ma continuamente si spezzano mossi da una luce di vittoria che si illumina nel suo stile e nella sua ferma azione di mutare tradizioni che oggi non hanno più senso di radici.

Ascoltarlo quando porta avanti un programma di musica mattutina a radio Saraceno, vederlo quando cura il coro dei mini cantanti al cinema Trento o scrutarlo quando in silenzio accosta l’arbitro a satana durante una partita di calcio è rendersi conto che questo prete è un uomo giusto, buono per la Chiesa di Papa Wojtyla e buono per la cultura della società di Ravanusa.

Sono queste le persone per cui suonano le campane ed il male maggiore è che di esse si scrive e si parla poco e che in giro ve ne sono molto poche.

A Camaiore ed un pochino prima di Camaiore Padresquadra ha litigato con i tifosi, a molti la cosa ha impressionato parecchio, mentre a Noi no, il contrario invece avrebbe destato perplessità. Infatti, un vero carattere non si deve smentire mai.

Quella coppa Padresquadra l’ha vissuta tutta e non da ora e non vi è niente di male se ad un tratto, in soliloquio, avrà mormorato “Dio me l’ha data, guai a chi me la tocca”….

E nessuno gli vuole portar via la sua coppa e dopo questi sentimenti di esagerata passione, ma comprensibili, i tifosi lo hanno perdonato anche perché Lui li ha pure perdonati.

Camaiore, pertanto, rimane per tutti un bel ricordo anche per il primo tifoso del Ravanusa.

Tra una nebbia di intuizione vogliamo immaginare il suo tormento quando le palle pronte erano schierate sull’erba, in attesa che l’arbitro desse il fischio di avvio dell’ultima battaglia di Camaiore.

Dopo, quando verso la fine il buon Conti ci mise la testa, venne l’estate anche per Lui.

Termina cosi il profilo di Padresquadra ma la sua leggenda, che da tempo ha varcato i confini di Ravanusa, continua, perché è vera, perché è vita, perché è libertà, perché è progresso, perché è umanità, perché è anche amore, perché è anche la verità che invano qualcuno vuole ancora fuggire”.




Torna ai contenuti | Torna al menu